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Ventiquattro

UN CONSIGLIO PARTICOLARE

Il Natale celebra Cristo, e Gesù è poverta e modestia: fate attenzione all'orologio che indosserete stasera e domani

All’interno dei  valori della società consumistica, la cena della Vigilia e il pranzo di Natale sono diventati occasione per sfoggiare, con regali costosi, non soltanto il proprio potere d’acquisto, ma anche il modo in cui desideriamo apparire agli altri. Uno dei dettagli del nostro apparire è certamente l’orologio. Dunque, prima di scegliere l’orologio da indossare, si dovrebbe tenere in mente che il Natale celebra la modestia e non il lusso, la semplicità, ma anche la solennità che vuol dire misurata eleganza


 
3 min
Silvio Forza

All’interno dei  valori della società consumistica, la cena della Vigilia e il pranzo di Natale sono diventati occasione per sfoggiare, con regali costosi, non soltanto il proprio potere d’acquisto, ma anche il modo in cui desideriamo apparire agli altri. Uno dei dettagli del nostro apparire è certamente l’orologio. Dunque, prima di scegliere l’orologio da indossare, si dovrebbe tenere in mente che il Natale celebra la modestia e non il lusso, la semplicità, ma anche la solennità che vuol dire misurata eleganza

Il Natale è una festività che mette al centro la fede, la famiglia, la pace e, ovviamente, la figura di Cristo. Gesù Cristo, stando quanto riportato dai vangeli, ha più volte invitato alla povertà, alla modestia e al distacco dai beni materiali, segnalando l’incompatibilità tra fede e attaccamento ai beni. Matteo (6,24) e Luca (16,23) riportano questa sua frase: “Non potete servire Dio e la ricchezza”.

Eppure, proprio la società occidentale, quella in cui il cristianesimo è più diffuso, ha trasformato il Natale, cioè la celebrazione della nascita di uomo che ha professato la povertà, in momento economico, in occasione di generazione di ricchezza per produttori e commercianti. È stata proprio la società capitalistica, quella governata in backstage dalla pubblicità, a togliere il valore simbolico (amicizia, affetto, attenzione per il prossimo) del dono di Natale per ridurlo a bene materiale. È stato il consumismo a capovolgere la clessidra, a fermare il tempo dell’essere e far partire il tempo dell’avere.

All’interno di quest’ordine di valori, la cena della Vigilia e il pranzo di Natale sono diventati occasione per sfoggiare, con regali costosi, non soltanto il proprio potere d’acquisto, ma anche il modo in cui desideriamo apparire agli altri.

Uno dei dettagli del nostro apparire è certamente l’orologio. Dunque, prima di scegliere l’orologio da indossare, si dovrebbe tenere in mente che il Natale celebra la modestia e non il lusso, la semplicità, ma anche la solennità che vuol dire misurata eleganza.

Dunque, oltre ad evitare orologi che nulla hanno a che fare con l’eleganza, quali gli smartwatch, i G.Schock i diver, i pilot, gli orologi con schermo digitale e in genere tutti quelli con dimensioni enormi (superiori ai 40/42 millimetri di larghezza cassa), in quest’occasione meglio rinunciare agli orologi in oro e magari tempestati da diamanti o altre pietre preziose. Cristo disse ai suoi discepoli: “Non procuratevi né oro, né argento, né denaro nelle vostre cinture”. È ovvio che, in una società come la nostra, nessuno sarebbe disposto ad accogliere un consiglio del genere, ma possiamo farlo almeno a Natale.

Come in tutte le situazioni che hanno a che fare con momenti dedicati alla religione, sarebbe richiesta una certa discrezione. Vanno evitati dunque gli orologi con i quadranti colorati e variopinti, ma anche quelli neri che mal si conciliano con la simbologia della nascita: meglio indossare orologi con quadrante chiaro ed eventualmente rosso, al limite verde. Ancor meglio se il quadrante è semplice, senza complicazioni quali il cronografo. Che sia automatico oppure al quarzo, l’importante è che sia minimalista, con cinturino in pelle e non in metallo. Indossare un orologio vecchio, un vintage, se lo si possiede, appare come l’opzione migliore.

Qualcuno potrebbe notare in queste indicazioni una certa dose di ipocrisia. Forse è vero, ma si tratterebbe della stessa ipocrisia nella quale cadiamo quando auguriamo alle donne l’8 marzo, ai lavoratori il 1 maggio, quando decidiamo di andare a messa solo a Pasqua o Natale, oppure in cimitero soltanto il 2 novembre. Eppure, il valore simbolico a volte ha maggior valore dell’autocoscienza dell’ipocrisia perché fa da correttivo almeno per un momento e ci riconduce a quell’umanità più pura, più ingenua e più innocente che abbiamo perso per strada.


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