Ventiquattro

MAGGIO 1920 DI SANGUE – PRIMA E DOPO

Dottor Milan Radošević: "Ho trovato a Roma un documento che conferma la testimonianza di Palmira Albanese che Mussolini ricevette due schiaffi a Pola"

Ho trovato a Roma un documento in cui l'assessore civile scrive che “un banale attacco alla persona di Benito Mussolini" è avvenuto dopo esser uscito da teatro. Questo coincide con la testimonianza degli anni '70 di Palmira Albanese, che disse di aver visto con i suoi occhi un uomo, un lavoratore, dare due ceffoni a Mussolini. Subito dopo, una buona parte degli operai polesani si raduno’ davanti al teatro e disse NO al fascismo, e questo due anni prima che Mussolini salisse al potere, dice il dott. Radošević


 
7 min
Donatella Leonardelli Zoran Angeleski

Ho trovato a Roma un documento in cui l'assessore civile scrive che “un banale attacco alla persona di Benito Mussolini" è avvenuto dopo esser uscito da teatro. Questo coincide con la testimonianza degli anni '70 di Palmira Albanese, che disse di aver visto con i suoi occhi un uomo, un lavoratore, dare due ceffoni a Mussolini. Subito dopo, una buona parte degli operai polesani si raduno’ davanti al teatro e disse NO al fascismo, e questo due anni prima che Mussolini salisse al potere, dice il dott. Radošević

Quasi cinque mesi dopo il sanguinoso Primo Maggio del 1920 in piazza Port’Aurea, quando la celebrazione fu oscurata da un fomentato conflitto tra operai e carabinieri e forze armate, e nel quale persero la vita quattro civili di nazionalità diverse, per Mussolini il 21 settembre 1920 fu la prima, e non per niente l’ultima volta in cui visito’ Pola.

- Ho trovato a Roma un documento in cui l'assessore civile scrive che “un banale attacco alla persona di Benito Mussolini" è avvenuto dopo esser uscito da teatro. Questo coincide con la testimonianza degli anni '70 di Palmira Albanese, che disse di aver visto con i suoi occhi un uomo, un lavoratore, dare due ceffoni a Mussolini. Subito dopo, una buona parte degli operai polesani si raduno’ davanti al teatro e disse NO al fascismo, e questo due anni prima che Mussolini salisse al potere, ha detto ieri sera alla Casa degli Antifascisti lo storico dott. sc. Milan Radošević nell'introduzione alla sua conferenza "Sanguinoso Primo Maggio 1920 in piazza Port’Aurea", avallorando che questo fatto venga ricordato apponendo un’apposita insegna sul teatro stesso.

In un articolo di giornale del 1977, aggiungeremo, Palmira Albanese, una del gruppo che organizzo’ le manifestazioni contro Mussolini, disse al giornalista Armando Černjul: "Quando Mussolini lasciò il teatro, io ero forse a dieci metri da lui. Era convinto che sarebbe stato accolto da una tempesta di applausi. Si sbagliava, perché quello che gli avevamo preparato, credo forse non gli successe mai piu’. La gente indignata gli mostrava i pugni e gridava: "Abbasso Mussolini!". L'ex maestro riuscì a borbottare: "Cittadini di Pola…". Agitò la mano come per fermare il suo dispiacere. Ovviamente non ci riusci’. E poi accadde la cosa più importante: un operaio che stava molto vicino a lui si avvicinò e lo schiaffeggiò due volte, e poi scomparve in mezzo alla folla. Mussolini tremante per la rabbia si affrettò verso la macchina. Non dimentico’ mai i ceffoni che ricevette a Pola. Ecco perché non mise mai piu’ piede in questa città”.

Una perfida provocazione

Torniamo al sanguinoso 1 maggio 1920 di Pola, un evento che farà parte del tema più ampio del nuovo libro del dottor Radošević, la cui pubblicazione è prevista in autunno.

Solenne raduno nella Camera dei Lavoratori, mattina del 1 maggio 1920 (Museo storico e navale dell'Istria)

Per comprendere questo tragico evento, come afferma il dottor Radošević, è importante ricordare la situazione socio-economica a Pola all'inizio degli anni '20.

I lavori erano precari, gli operai dell’arsenale venivano licenziati, gli stipendi erano bassi, l'atmosfera era cupa e per di piu’ con un "destino" poco chiaro dell'Istria.

Celebrazione del 1 maggio 1905 a Pola (PPMI)

È un periodo, questo, di disordini, ondate di proteste, occupazione di fabbriche e tentativi di un autogoverno operaio.

Le cause di questi eventi furono la disoccupazione postbellica, l'inflazione, l'indebolimento della lira, l'aumento del debito pubblico, i problemi di ristrutturazione dell'industria bellica in quella civile e la relativa smobilitazione su larga scala, ma anche l'impatto delle idee della Rivoluzione d'ottobre.

Lo storico dott. Milan Radošević (foto: Aleksej Orel)

Radošević ha sottolineato in particolare che la Camera del lavoro di Pola a quel tempo contava fino a 12.000 membri e quel numero era significativamente più alto assieme ai familiari dei lavoratori impiegati e di quelli disoccupati. A causa di questa forza, la Camera del lavoro, guidata da Josip Poduja, a Pola era quasi una sorta di autorità parallela, che doveva essere rispettata dall'ammiraglio Simonetti e dal commissario civile Oriolo anche innanzi al comando militare.

Morte di una Pola multietnica

Furono Simonetti, Oriolo e Poduje a negoziare la prima celebrazione del dopoguerra della Festa del Lavoro alle 7 del mattino del 1 maggio 1920, seguita da un corteo davanti alla Camera del Lavoro (di fronte all'edificio dell'odierna Scuola Gialla) .

In quell'occasione tenne un discorso anche il presidente della Camera del lavoro, Josip Poduje (Pola, 3 novembre 1882 - Plitvice, 1 agosto 1946), che fu anche caporedattore del quotidiano socialista Il Proletario.

Nei documenti d’archivio trovati da Radošević, le autorità lo hanno descritto come "un pericoloso agitatore, un rivoluzionario con tendenze bolsceviche; ha una grande influenza sulle masse lavoratrici di Pola e dintorni".

Una rara fotografia di Josip Poduje

- Ho trovato la foto di Josip Poduj nel quotidiano Slobodna Dalmacija del 1952. È importante perché finora non è stata pubblicata da nessuna parte, sebbene a Pola ci sia una via dedicata a Poduje, dice Radošević.

Dopo la processione attraverso la città, invece di svoltare lungo il percorso concordato nell'odierna via Zagrebačka e tornare verso la Camera del Lavoro, le gente riempie piazza Port’Aurea con l’intento di scontrarsi con il partito al governo in piazza Foro.

Davanti alla Porta Aurea, all'ingresso di via Sergia, nella parte piu’ stretta della via i soldati bloccarono il passaggio della colonna che si dirigeva a piazza Foro. La foto sopra fa parte dell'archivio dell'Associazione Combattenti Antifascisti e Antifascisti del Comune di Pola.

Con i carabinieri si arriva a spinte, imprecazioni e minacce, e poi, giusto a mezzogiorno, “qualcuno sparo’ due colpi in aria”. Seguì il lancio di tegole su carabinieri e civili. L’Autoblinda (veicolo blindato) apre il fuoco, e successivamente anche i soldati e i carabinieri.

Auto blindata/Autoblinda Lancia 1ZM (internet)

Nello scontro furono uccisi il meccanico italiano Francesco Sponza (21 anni), l’operaio dell’Arsenale ceco  Luigi Lebek (20 anni), il mendicante cieco croato Giuseppe Merzliak (Josip Mrzljak, 54 anni) e l’ingegnere tedesco dell’Austria Odone Schmelzer.

Radošević considera questa tragedia una morte simbolica della Pola multiculturale, perché per i lavoratori era più importante lottare per il lavoro e il salario rispetto alla loro nazionalita’.

Gilda Udovičić

Tra i circa 30 feriti c'era l'eroina socialista di Pola, Gilda Udovičić, alla quale fu amputata una gamba dopo essere stata ferita.

L'intoccabile fascista Mario Mozzatto

Il fascista Mario Mozatto fu denunciato da Il Proletario di aver sparato ai civili e di "indossare una divisa militare pur essendo un civile e che dovrebbe essere oggetto della magistratura". Questo volontario italiano, luogotenente del 7° Reggimento Fanteria Alpina, eroe di guerra, nell'autunno del 1919 a Pola condusse un reclutamento "segreto" di legionari e li mandò da D'Annunzio a Fiume.

Mozzatto è stato uno dei fondatori del Fascio a Pola il 9 giugno 1920, ufficialmente costituita il 12 luglio 1920, e ha accolto Mussolini a Pola il 21 settembre 1920.

Chi provoco’ lo scontro a fuoco dei carabinieri?

Giuseppe Airoldi, questore di prefettura e capo delle indagini, concluse: "L'atto, certamente molto importante, se non cruciale per la situazione critica, è da attribuire all'opportuna e perfida decisione personale di alcuni sul posto nel mentre della rissa tra la folla e le forze armate”.

- Qui la parola chiave è 'perfidia', dice Radošević, perché nessuno lancio’ le tegole per far passare la massa fino a piazza Foro, ma si volle che l'esercito, ovvero i carabinieri iniziassero a sparare per portare grandi perdite ai socialisti e ai membri della Camera del lavoro.

I feriti nell’ospedale di Pola

- La tesi di un attacco pianificato da parte di socialisti/lavoratori può essere certamente esclusa. Un qualsiasi mediocre tattico militare dirà che questa è la peggiore posizione possibile in cui la massa potrebbe scontrarsi con i militari. Perché l'esercito difendeva un passaggio molto stretto. L'esercito avrebbe potuto arrecare grosse perdite e i socialisti non volevano certo provocare deliberatamente uno scontro con i carabinieri. Volendo, avrebbero potuto scegliere un altro luogo, dice Radošević.

Oltre a diversi giornali e fonti storiche sui fascisti definiti i provocatori della sparatoria, c'è anche una dichiarazione di Giacomo Scotti del 1974: “Diversi membri della squadriglia, poi chiaramente identificati dagli operai (mai puniti dalle autorità), si nascosero nella soffitta della casa situata nell'angolo sinistro dell'Arco dei Sergi, mentre altri salirono sul tetto”.

L’accusa della Camera del lavoro: I provocatori sono i membri del Fascio “Giovanni Grion”

Persone vicine alla Camera del lavoro sparsero la voce che a lanciare le tegole contro le truppe furono i membri della società nazionalista del Fascio 'Giovanni Grion'.

Tuttavia, il commissario civile condusse un'indagine e accuso’ tre membri del Partito socialista e della Camera del lavoro (Gualtiero Križ, Antonio Rovis e Giuseppe Puptsch), ma furono assolti.

Foto archivio di Stanko Guštin

Chi fu allora a lanciare le tegole? Quel giorno, furono arrestati 14 operai e poi trasferiti nel carcere dei Gesuiti di Trieste. Tra loro c'era l’ambiguo ventenne, il polesano Carlo Giotta, per il quale i quattro carabinieri scrissero: "Sporco di sangue non suo, scese dal solaio di una casa da cui furono gettate le tegole. Era sporco di ragnatele e con pantaloni strappati; questo prova che è salito sul tetto”.

Giotta però non è citato nei quotidiani, tra gli arrestati è del tutto scomparso dai radar, non è tra gli imputati a Trieste, da nessuna parte. L'uomo si e’ volatilizzato. E’ esistito veramente? L'ho trovato nei libri parrocchiali, è nato nel 1900, emigrò poi come esule a Trieste.

Il funerale del 3 maggio 2020 (PPMI)

Il funerale delle vittime del sanguinoso 1 maggio fu impressionante, vi hanno partecipato, secondo alcune stime, fino a 15 mila persone, sebbene la cifra ufficiale fosse di settemila.

Il Primo Maggio non è stato celebrato tra le due guerre, e grazie alla disponibilita’ del Museo storico e navale dell'Istria di seguito pubblichiamo una foto della prima celebrazione nel dopoguerra del 1 maggio 1946, sempre in piazza Port’Aurea, con vista sui palazzi alle spalle dell’Arco dei Sergi, e le cui tegole gettate dalla cima 26 anni prima hanno evocato il tragico evento che fino ad oggi, 102 anni dopo, e’ rimasto parte della memoria collettiva di Pola.


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