Ventiquattro

È LA SUA “PRIMA VOLTA” CON IL DRAMMA ITALIANO

PETRA BLAŠKOVIĆ, REGISTA DELLO SPETTACOLO TEATRALE “DALL’ISTRIA CON AMOR”: ” È come se tutta la mia esperienza, tutto il mio ‘mal d’Istria’ fino a questo momento, fossero serviti per scrivere questo testo.”

"È come se ogni cosa si fosse messa al suo posto per poter oggi parlare dell’Istria, la mia Istria e l’Istria di Drago Orlić, perché questo pezzo è un pezzo a quattro mani, con il coraggio di dire so che non è un’Istria universale, ma è la mia", ci ha detto l'attrice e regista polese * Partendo dai testi di Drago Orlić, ho scelto di rappresentare la ricchezza e la diversità dell'Istria ricorrendo a un carosello di diverse forme, linguaggi e generi teatrali, volevo una cosa diversa proprio perché l'Istria è diversa, non è monocroma,  manco la terra in Istria è di un unico colore, ma di tre o addirittura quattro colori diversi. *  L'Istria deve essere guardata dentro, non soltanto in superficie con fosse un resort turistico. Comunque l'amore è amore, con tutte le sue sfaccettature, tra i quali l'amore trasmesso da un' Istria inclusiva, che accoglie, che ama gli altri e ama se stessa per quella che è


 
15 min
Silvio Forza

"È come se ogni cosa si fosse messa al suo posto per poter oggi parlare dell’Istria, la mia Istria e l’Istria di Drago Orlić, perché questo pezzo è un pezzo a quattro mani, con il coraggio di dire so che non è un’Istria universale, ma è la mia", ci ha detto l'attrice e regista polese * Partendo dai testi di Drago Orlić, ho scelto di rappresentare la ricchezza e la diversità dell'Istria ricorrendo a un carosello di diverse forme, linguaggi e generi teatrali, volevo una cosa diversa proprio perché l'Istria è diversa, non è monocroma,  manco la terra in Istria è di un unico colore, ma di tre o addirittura quattro colori diversi. *  L'Istria deve essere guardata dentro, non soltanto in superficie con fosse un resort turistico. Comunque l'amore è amore, con tutte le sue sfaccettature, tra i quali l'amore trasmesso da un' Istria inclusiva, che accoglie, che ama gli altri e ama se stessa per quella che è

In una delle scene del film di James Bond “Dalla Russia con amore”, girato nel 1963, l’agente 007 si imbarca su di un motoscafo in un punto della costa istriana (le scene, tuttavia, sono filmate in Scozia) per dirigersi a Venezia. Esattamente 60 anni dopo è stato prodotto uno spettacolo teatrale che fa eco al titolo del film bondiano, ma in cui stavolta l’Istria non è solo una comparsa, bensì la protagonista centrale, unica. Stiamo parlando di “Dall’Istria… con amor!”, portato in scena dal Dramma Italiano di Fiume e la cui prima ha avuto luogo sabato, 11 novembre, al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume.

Regista e coautrice del testo dello spettacolo, che si fonda sul lascito scritto del giornalista e letterato parentino Drago Orlić recentemente scomparso, è l’attrice polese, già direttrice del dramma del Teatro nazionale di Osijek, Petra Blašković.

Figlia d’arte (i suoi genitori sono Franci Blašković e Arinka Segando, quelli dei Tingl Tangl, di Gori Ussi Winetou e di “Siora spia”), Petra Blašković, paradossalmente e quasi incredibilmente, solo in quest’occasione, dopo trent’anni di carriera, ha avuto la sua prima collaborazione ufficiale con il Dramma Italiano, nonostante i suoi primi contatti con il teatro della CNI siano avvenuti, indirizzandone le sue successive scelte di vita, proprio con due attori del Dramma Italiano: Elvia e Bruno Nacinovich ne avevano scoperto il talento già nel lontano 1991. Di questo e, ovviamente dello spettacolo “Dall’Istria… con amor!” abbiamo parlato nell’intervista che ci ha concesso.

Il Dramma Italiano ha sede a Fiume, ma il suo pubblico risiede principalmente in Istria. Il tuo primo spettacolo in assoluto con il DI è dedicato proprio all’Istria. Una grande sfida.

Uno grande sfida che però è giunta al momento giusto. È come se tutta la mia esperienza fino a questo momento fosse servita per scrivere questo testo. Non l’avrei potuto fare, o almeno non in questo modo, in un altro momento, non avrei avuto l’esperienza di vissuto, sia della mia vita come persona, come donna, come mamma, come artista, come attrice, come regista, come musicista. Quindi sono dovute succedere tante cose per raggiungere il livello di maturità che ho oggi.

L’Istria è la terra che amo, terra alla quale appartengo, terra dalla quale sono andata via, da dove sono emigrata e dove sono ritornata, sempre con una sensazione di appartenenza e di astinenza quando non c’ero, anche se ovunque, sia in Italia, per i 15 anni che ho vissuto là, o adesso che dal 2007 vivo a Osijek, devo dire che mi sono trovata e mi trovo benissimo.

Dunque un ritorno a casa.

Si, ed è proprio il fatto di tornare a casa un tema che è sempre presente nello spettacolo, questo mal di casa, mal d’Istria. Un male che ho condiviso con tante persone. Ho ascoltato storie di persone che sono emigrate, esuli e non, che si sono portati dietro un grumo di terra e che ce l’hanno in un vasetto sul camino, come una signora molto anziana che vive in Friuli. Quando ho presentato lo spettacolo “Grazie Alida” a Torino, ho avuto un realtà il primo incontro con degli esuli andati via da queste terre. Quindi è come se ogni cosa si fosse messa al suo posto per poter parlare dell’Istria, la mia Istria e l’Istria di Drago Orlić, perché questo pezzo è un pezzo a quattro mani, con il coraggio di dire so che non è un’Istria universale, ma è la mia, e nessuno può toccare questa cosa perché è assolutamente autentica.

Dall'Istria con amor. È un messaggio forte

Uno dei messaggi che volevo trasmettere riguarda certamente la ricchezza culturale, culturologica e la diversità dell'Istria che volevo venissero a galla nelle varie sfaccettature, anche quelle più controverse, ma in modo quasi giocoso. Non volevo trasmettere un'immagine standardizzata o enciclopedica dell'Istria, anche perché questa sintesi sarebbe stata impossibile.

Il mio intento è stato quello di mettere in scena l'Istria come la conosco io, ragion per cui mi sento di ribadire di nuovo che si tratta di una presentazione autentica. Di Drago Orlić e mia, ma autentica. Un'Istria tormentata, aspra, sofferente, devastata, ma anche un’Istria colorata, orgogliosa, ricca, bella. Un’Istria amata e un’Istria che ama ... “con amor”.

Lo spettacolo verrà presentato anche in Istria

Allo spettacolo partecipano tutti gli attori del Dramma Italiano, ovvero Aleksandar Cvjetković, Leonora Surian Popov, Giulio Settimo che si alterna con on Serena Ferraiuolo, Giuseppe Nicodemo, Ivna Bruck, Andrea Tich, Elena Brumini, Stefano Iagulli e Annamaria Ghirardelli. Le musiche sono firmate da Andrej Pezić, i disegni che compaiono in scena da Marianna Nardini.La scenografia si deve a Ivan Botički, i costumi a Morana Petrović, mente le luci sono di Ivan Bauk. 

Lo spettacolo verrà presentato a Umago il 28 novembre e successivamente anche in Pola.

Come si presenta l'Istria che hai messo in scena?

Volevo che lo spettacolo fosse di grande impatto visivo e dunque ho scelto di fare delle cartoline, non soltanto dei vari luoghi, ma anche delle varie epoche, dei diversi ambienti culturali e linguistici, delle tradizioni, degli usi folcloristici, dei ricordi.

A differenza delle lettere, che ahimè, non si scrivono più, le cartoline sono brevi, concise e trasmettono un'immagine molto forte. Per questa ragione le scene sono tante, ma sono tutte molto brevi perché volevo offrire al pubblico molti argomenti sui quali riflettere, lasciando ovviamente ad ognuno la libertà di prendere ciò che loro è piaciuto o di criticare quello che non è piaciuto.

foto: Facebook Dramma Italiano

Ho scelto di rappresentare la ricchezza e la diversità dell'Istria ricorrendo a un carosello di diverse forme, linguaggi e generi teatrali, volevo una cosa diversa proprio perché l'Istria è diversa, non è monocroma, manco la terra in Istria è di un unico colore, ma di tre o addirittura quattro colori diversi. Per non dire di tutte le lingua e dialetti. In una scena, una professoressa tiene una mini lezione sui linguaggi espressivi spiegando che in Istria ci sono nove nomi per indicare l'uovo e probabilmente ce ne sono anche altre che non conosco.

Nello spettacolo appaiono personaggi storici

Si, si tratta di personaggi storici nati in Istria: Re Epulo, Josef Ressel, Andrea Antico da Montona, Giuseppina Martinuzzi, Carlotta Grisi, Nevio Valčić, Matija Vlačić Ilirik, Giuseppe Tartini, Sergio Endrigo e Alida Valli.

Matija Vlačić Ilirik

La scena in cui compaiono è volutamente molto infantile, con l’innocenza del bambino che guarda il mondo. Sono bimbi istriani, nati in epoche diverse e in diversi territori, in un’Istria povera e difficile come lo era fino a non tanto tempo fa, sono partiti con dei sogni e delle passioni che li hanno portati a diventare importanti anche fuori dai nostri confini territoriali.

Proprio per il carattere fanciullesco della scena, per rappresentarli non volevo delle fotografie o dei ritratti d'epoca, ho voluto dei disegni, uno per ogni personaggio. Sono disegni di Marianna Nardini che racchiudono il messaggio e il pensiero trasmesso dal personaggio; così ad esempio Matija Vlačić Ilirik compare con una pila di libri che rimanda ai suoi 13 volumi sulla storia della chiesa, ma vi è disegnato anche un papa calpestato a terra, poiché il teologo di Albona non voleva intermediari tra i fedeli e dio. Nel suo disegno, Sergio Endrigo sta sul palcoscenico di Sanremo, ma sotto si vede la valigia dell'esule, quale lo è stato lui. Abbiamo giocato con i disegni, quasi fossero dei fumetti, proponendo dunque tutto un altro tipo di linguaggio visivo.

Devo aggiungere che oltre alla scenografia e ai costumi, che sono molto importanti in questo spettacolo, la musica è una dimensione veramente fondamentale perché anche attraverso di essa ho voluto mostrare la diversità, musicalmente parlando, dell'Istria, con tutte le influenze che ci sono state e sono ancora presenti. Con il compositore Andrej Pezić mi sono trovata benissimo, c'è stata una bella intesa.

E poi ci sono le capre

Volevo che questa diversità, questo collage di gioie e di dolori istriani fosse visivamente simpatico, colorato, leggero, divertente. Sul palcoscenico tutto cambia in continuazione e quindi anche la scenografia è un multispazio che cambia a seconda delle scene, non è una cosa fissa. E cambiano anche le tecniche, perché passiamo da un teatro recitato a quello di un musical, a espressioni circensi, al teatro di figura, al teatro delle ombre, all'animazione di oggetti. Quindi c'è di tutto e di più. L'unica costante visiva sono le capre, perché non ho voluto che questa storia venisse raccontata dagli uomini.

foto: Facebook Dramma Italiano

Tutti noi siamo troppo condizionati da influenze culturali, religiose, politiche, da situazioni vissute in prima o per interposta persona. La capra autoctona istriana, che era in via d'estinzione, accusata addirittura di fare danni ecologici e ambientali (la capra! non l'uomo?) mi ha dato la libertà di esprimermi un po' da tutti i punti di vista, perché le capre osservano. Gli animali amano, non mentono, vivono in equilibrio con l'ambiente che li circonda e prendono soltanto quello che serve loro per sopravvivere, per andare avanti, non prendono niente di più. Le capre sono testarde e fantastiche e poi amano anche la convivenza con l'uomo.

Dall'Istria con amore. A chi è rivolto questo amore?

È rivolto a chiunque interessi sapere qualsiasi cosa dell'Istria, a tutti quelli che si arrabbieranno guardando questo spettacolo che non è comodo, è rivolto a tutti quelli che hanno nostalgia e avvertono malinconia, a tutti quelli che l'Istria l'hanno vissuta soltanto tramite i racconti dei parenti che avevano radici qua. Credo inoltre che quest'amore dovrebbe essere rivolto a tutti quelli che l'Istria non la conoscono per niente e credono di conoscerla. L'Istria deve essere guardata dentro, non soltanto in superficie con fosse un resort turistico. Comunque l'amore è amore, con tutte le sue sfaccettature, tra i quali l'amore trasmesso da un'Istria inclusiva, che accoglie, che ama gli altri e ama se stessa per quella che è.

Com’è nato lo spettacolo? Il testo esisteva già oppure ha avuto mani libere?

Ho avuto mani libere. Il direttore del Dramma Italiano Giulio Settimo mi conosce molto bene e sapeva esattamente chi fossi e cosa potesse aspettarsi da me. Lui era stato mio allievo al Laboratorio di teatro sperimentale a Trieste, da ragazzino, aveva 14 anni e poi in qualche maniera ha proseguito il suo percorso non lontano da me, tanto che ha studiato in Croazia, all’Accademia d’Arte Drammatica e di Teatro di figura a Osijek. Dunque ci intendiamo sia come persone, sia come artisti, sapeva esattamente cosa voleva quando mi ha chiamato.

Il tema era l'Istria. Dopo un paio di giorni di riflessione ho comunicato a Settimo che avrei voluto fare un omaggio all’opera Drago Orlić perché ritengo che la sua scomparsa sia una grande perdita per tutta l’Istria e quello che ci ha lasciato di scritto non è abbastanza valorizzato. Ero certa di voler prendere i suoi pezzi, sia le poesie, sia i pezzi giornalistici, sia i racconti, sia le introduzioni ai vari libri in cui inseriva sempre aneddoti suoi, percezioni della sua famiglia. La sua Istria era molto autentica, anche se non sempre facile o di facile lettura.

Petra Blašković e Giulio Settimo

Ho capito presto che non avrei potuto mettere in scena un’Istria dislocata dal modo in cui l’Istria l’ha vissuta la mia famiglia, impregnata da quel bisogno primordiale di lottare per qualcosa che ami. Considerato che alla fine sei costretto a pagare le conseguenze di alcune scelte, ne vale la pena solo se sei convinto che la strada che stai percorrendo è davvero nobile e non influenzata da alcun tipo del tornaconto. Il prezzo da pagare è quello di rimanere sempre ai margini del mainstream, ma va bene così.

Descrivici la tua Istria.

Ho vissuto le specificità dell’Istria attraverso l’esperienza di mio padre, della nostra famiglia, anzi, delle nostre famiglie che per molti versi sono diametralmente opposte. Mia mamma e tutta la sua famiglia provengono da tutto un altro circolo culturale rispetto a quello di mio padre. Appartengono all’Istria del costa, quella di Parenzo, Orsera, Torre, Abrega, Monsalice, quindi tutt’altro rispetto all’entroterra istriano della famiglia di mio padre.

Quindi già qui ci sono delle differenze culturologiche, linguistiche, di esperienze di vita. Mio padre e Drago Orlić erano compagni di classe, a Pola erano considerati ragazzini di paese che venivano sempre in qualche maniera etichettati e stigmatizzati come i paesani. E devo dire che anche quando andavo a scuola io, semplicemente per un fatto d’ignoranza, anche noi consideravamo i Dignanesi, i Gallesanesi, i Sissanesi nostri compagni di classe come se appartenessero a un altro mondo, loro andavano a casa in treno. In treno?!

foto: Facebook Dramma Italiano

Secondo me era mancato e manca ancora un lavoro a monte, in grado di favorire l’integrazione. Bisogna dire che all’epoca, negli anni in cui noi ci stavamo formando, nel nostre paese cadevano le bombe, eravamo fragili ragazzini in pubertà che stavano cercando la propria strada, con gli adulti che non si occupavano del nostro equilibrio mentale perché c’erano giustamente altre priorità, più importanti in quel momento. Per certi versi appartengo a una generazione allo sbando.

Sono così felice di aver rincontrato quei miei compagni di classe in un altro momento della mia vita, un momento in cui ero in grado capire quanto immatura ero ed eravamo stati, incapaci di accettare la diversità persino all’interno della realtà minoritaria italiana, proponendo divisioni tra cittadini e non cittadini. Invece è importantissimo valorizzare e salvaguardare i nostri valori comuni, che sono più grandi di noi stessi e che dobbiamo lasciare in eredità alle future generazioni. Per cui, rispondendo alla domanda, la mia Istria è un'Istria permeata da equivoci che vanno superati, da nodi che vanno sciolti, da mille diversità che vanno conosciute in un interscambio culturale e come tali salvaguardate.

Anche Nelida Milani Kruljac, Ester Barlessi e Ligio Zanini, tanto per fare qualche nome di autori della Comunità nazionale italiana, hanno lasciato un segno importane nel racconto delle mille sfaccettature antropologiche dell’Istria. Sono presenti nello spettacolo?

Quando abbiamo iniziato a parlare di questo spettacolo, ho preparato più di 30 libri, senza contare quelli di Drago Orlić. Ho capito subito che avrei dovuto fare dei tagli dolorosi, perché altrimenti ne sarebbe scaturito uno spettacolo maratona che sarebbe durato venti ore. Io volevo uno spettacolo di un’ora e mezza, dinamico e senza pausa, per cui ho dovuto fate delle scelte.

foto: Facebook Dramma Italiano

Ho sempre considerato Drago Orlić, proprio come mio padre, un istriano autoctono che ha dedicato la sua vita a questa terra. La sua satira e la sua passione mi hanno di certo avvicinata ulteriormente a lui, ma non per questo è stata trascurata anche la parte italiana dell’Istria. La mia è stata anche una ricerca etnografica, etnomusicologica, delle tradizioni folkloristiche e linguistiche italiane dell’Istria. Sono stata certamente influenzata anche dall’esperienza letteraria della Comunità nazionale italiana. Ma non solo da quella. Approcciandomi alla stesura del testo ho letto parole ciacave, croate, italiane, istrovenete e istriote, parole di quelli che sono andati, di quelli che sono rimasti e di quelli che sono venuti. Spero, ad ogni modo, che questo spettacolo sia soltanto una prima puntata e che mi si ripresentino anche altre occasione per riportare l’Istria sul palcoscenico.

Com’è stato ritrovarsi nel ruolo di regista e com’è andata con gli attori?

Dirigere una compagnia di attori così bravi è uno stimolo e un dono. Hanno realizzato ogni mia idea e fortunatamente hanno aggiunto anche molto di più da parte loro. Sono persone di talento, spiritose e al contempo capaci di riflessioni profonde. Come attrice li guardavo con ammirazione, come regista con grande rispetto.

I tuoi primi contatti con il Dramma Italiano risalgono al 1991, ma la tua prima collaborazione ufficiale è giunta solo ora.

Quando ero ancora una bambina, Pola era una città senza teatro che era rimasto chiuso per tantissimo tempo, l’unico posto dove si poteva fare teatro era più che altro il teatro danza al “Pionirski dom” ed è lì che ho fatto i miei primi passi sul palcoscenico. Sono state pochissime le esperienze di assistere al teatro parlato, capitava quando andavamo a Fiume a vedere gli spettacoli del Dramma Italiano oppure quando il DI si esibiva al Circolo, alla Comunità degli Italiani.

Vedevo e guardavo questi attori e dicevo mamma mia che fortuna sarebbe magari soltanto stare in camerino a portar le ciabatte a Galliano Pahor. Non dimenticherò mai l’urlo di Elvia Nacinovich nel ruolo della madre nei “Sei personaggi in cerca d’autore”.

Quindi ci sono delle cose che mi hanno profondamente segnata, anche se in quel momento la mia strada era più rivolta verso la musica. Elvia ha lasciato su di me, come ragazzina assolutamente impreparata a guardare Pirandello, ma che stava evolvendo in un qualcosa che forse adesso sono riuscita a diventare alla soglia dei cinquant’anni, un segno indelebile che ha cambiato completamente il corso della mia vita.

Quando Elvia e Bruno Nacinovich sono arrivati alla Scuola superiore italiana di Pola chiedendo di incontrare dei ragazzi che fossero interessati a partecipare uno spettacolo teatrale, mi scelsero per interpretare il ruolo di un vecchio muppet che commentava tutta la storia di “Istriolina” tratta da “La locandiera” Goldoni e messa in scena da un nutrito gruppo di giovani del Circolo per la regia di Elvia e Bruno.

Era divertente truccarsi e mettere le sopracciglia finte e i baffi finti, mi guardavo allo specchio e dicevo “ah, questo è mio papà”. Dunque, anche il primo ruolo in uno spettacolo di teatro parlato ha avuto un segno e un valore molto più profondo per me, perché vedevo una parte di me che non riconoscevo, una saggezza nel grembo di mio padre che per anni mi ha formato come persona.

foto: Facebook Dramma Italiano

Elvia e Bruno ci hanno portato su questo percorso e ci hanno fatto fare questo viaggio che ha cambiato non solo la mia vita, ma anche la vita di alcuni dei miei compagni di classe. Questo perché ci hanno dato un assaggio di una vita diversa rispetto a quella che era Pola all’epoca, all’inizio degli anni Novanta, relativamente povera di cultura. Quindi l’arrivo di Elvia e Bruno, il loro riconoscere in me delle qualità e delle potenzialità che potevano essere utili al Dramma italiano aprivano delle prospettive, compresa quella di ottenere una borsa di studio e di andare a studiare all’Accademia di Arte Drammatica a Roma e ritornare poi al lavorare nel DI. Era un nuovo capitolo della mia vita che si era aperto all’improvviso, un nuovo vento che mi aveva fatto capire che quella era la mia strada, quella del teatro. Assolutamente. Poi le cose sono andate per un altro verso, fatto sta che oggi vengo al Dramma per la prima volta, non emotivamente ma fisicamente appena adesso.

foto: Facebook Dramma Italiano

Questa prima volta al Dramma Italiano ti ha visto nel ruolo di regista. Ti piacerebbe fare anche qualcos’altro con la compagnia della CNI?

Magari. Ciò sarebbe come il ritorno di un emigrato, di un esule, perché è così mi sento. Spero tanto ci siano altre collaborazioni anche come attrice. Però devo dire che la compagnia è fantastica, sono in dieci e non hanno bisogno di me per brillare in scena.

Quando di rivediamo a Pola?

Ci rivediamo già questa settimana per le attività didattiche per il 140-esimo del “Pinocchio” di Collodi, quindi laboratori per ragazzi presso la Comunità degli Italiani. C’è un programma bellissimo, molto ricco per omaggiare queste opere, sono contenta perché andrò a discutere di Pinocchio con i ragazzi più grandi. Mi interessa aprire dei segmenti di Pinocchio che non sono stati popolarizzati, quelli un po’ più nascosti che potrebbero essere interessanti come temi di riflessione anche per i ragazzi di oggi. E poi chi lo sa cosa mi riserva l’Istria nei prossimi mesi.


Nastavite čitati

Pula
 

( FOTO) Puležan Robert Hrelja objektivom lovi stare istarske kvake: "Zamjenom drvenih ulaznih vrata plastičnom i alu stolarijom nestaje dio vrijedne zanatske baštine"

U Puli sam pronašao dvjestotinjak starih, unikatnih kvaka iz doba Austro-Ugarske i nekoliko iz doba Italije. Najviše ih ima na Monte Zaru, nešto u starom gradu u Dobrilinoj, Cankarevoj ulici, nekoliko je divnih primjeraka na zgradi Admiraliteta na pulskoj rivi...Mislio sam da će ih biti više sačuvano na Verudi u starim vilama, no nisam imao sreće. Puno je vrata zamijenjeno, kvake su izgubljene, zamijenjene jeftinim plastičnim verzijama, veli Hrelja

Da bi ova web-stranica mogla pravilno funkcionirati i da bismo unaprijedili vaše korisničko iskustvo, koristimo kolačiće. Više informacija potražite u našim uvjetima korištenja.

  • Nužni kolačići omogućuju osnovne funkcionalnosti. Bez ovih kolačića, web-stranica ne može pravilno funkcionirati, a isključiti ih možete mijenjanjem postavki u svome web-pregledniku.