Si è conclusa ieri la “due giorni tematica” che l’associazione polese “Y” ha voluto dedicare alla nota canzone "Bella ciao”.
Dopo che giovedì, presso la galleria Rock di Pola è stata aperta una mostra accompagnata dalla proiezione di alcuni video in cui sono state riprese varie esecuzioni di “Bella Ciao”, ieri sera, alla Comunità degli Italiani di Pola, è stato proiettato il documentario di Giulia Giapponesi “Bella Ciao per la libertà”.
Il film presenta varie interpretazioni della canzone, in lingue diverse, lasciando aperta la domanda sull’origine della canzone e aprendo nuovi interrogativi. Riprendendo varie testimonianze, tra le quali quella di 93-enne che era stato un ribelle, il film pone l’accento sulla diffusione della canzone in vari paesi del mondo.
Giulia Giapponesi in un videomessaggio ha spiegato che la canzone l’ha imparata da sua nonna: “per noi in Emilia Romagna la Resistenza conta molto” ha detto, concludendo poi con un “Viva la Resistenza, viva la libertà”.
Alla proiezione del film, davanti a un pubblico numeroso, ha fatto seguito un dibattito moderato con sagacia dalla storica d’arte Paola Orlić.
Preliminarmente vanno segnalate le varie incertezze legate a „Bella Ciao“. Va detto subito che originariamente non si tratta né di una canzone partigiana, né di una canzone delle mondine che lavoravano in risaia.
La “Bella ciao” partigiana riprende nella parte testuale la struttura del canto dell'Ottocento “Fior di tomba” che il filologo e poeta Costantino Nigra riporta in numerose versioni tra i “Canti popolari del Piemonte”, pubblicati per la prima volta nel 1888, tra i quali uno inizia con il verso “Sta mattina, mi sun levata”.
Nigra riporta anche una variante veneziana che inizia con “Sta matin, me son levata”. Inoltre, "Bella ciao" deriva anche da un tradizionale canto infantile diffuso in tutto il nord Italia.
Sorprende il fatto che non ci siano indizi della rilevanza di “Bella ciao” tra le brigate partigiane e neppure della stessa esistenza della versione "partigiana" prima della pubblicazione del testo, soltanto nel 1953, sulla rivista “La Lapa”, per poi essere riproposto nel quotidiano del Partito comunista italiano l'Unità nel 1957. Sono in pochi a sostenere che una qualche versione di “Bella ciao” sia stata cantata da alcune brigate partigiane durante la Resistenza, in modo marginale e limitatamente ad alcune aree geografiche circoscritte del Nord Italia.
Alcuni sostengono che la "Bella ciao" partigiana sia stata preceduta dalla “Bella ciao” delle mondine che lavoravano nelle risaie, ma lo storico Cesare Bermani ribalta questa cronologia, collocando la versione delle mondine solo dopo il 1953, quando sarebbe stata scritta dal mondino Vasco Scansani.
La diffusione vera e propria della canzone inizia del 1964, quando la cantante popolare italiana Giovanna Daffini la presenta al Festival dei Due Mondi di Spoleto sia nella versione delle mondine del 1962, sia nella versione partigiana.
Il testo della versione partigiana
«Una mattina mi son svegliato
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.
O partigiano portami via
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
o partigiano portami via
che mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e se io muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.
Seppellire lassù in montagna
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e le genti che passeranno
mi diranno che bel fior.
E questo è il fiore del partigiano
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
e questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà.»
Nel corso della serata l’etnomusicologo Dario Marušić ha presentato un’analisi della canzone, sottolineando che, sia musicalmente, sia nella struttura dell'iterazione (il "ciao" ripetuto), sembra derivare anche dal canto infantile “La me nòna l'è vecchierella”, diffuso in tutto il Nord Italia, come ha fatto notare l’etnomusicologo italiano Roberto Leydi.
Citando i versi "La me nòna, l'è vecchierèlla / la me fa ciau, la me dis ciau, la me fa ciau", Marušić ha segnalato anche la dimensione didattica e funzionale allo sviluppo motorio dei bambini ai quali veniva chiesto dei incrociare e battere le mani ad ogni “ciau”.

Dario Marušić
Marušić ha parlato anche di „versi e melodie che viaggiano“, ricordando che di "Bella Ciao" esistente anche una versione amorosa, il canto dell'Ottocento “Fior di tomba” in cui si snoda storia di una donna che per amore vuoel seguire un uomo, anche se ciò comporterà la morte e l'essere seppellita, tanto le genti che passeranno diranno "che bel fiore" o "che buon odore".
In definitiva, ha concluso Marušić, "Bella Ciao" è una canzone un po’ kitsch, ma anche molto catchy (orecchiabile) e, anche se ideologicamente è diventata patrimonio della sinistra, tanto che viene cantata anche oggi dai ribelli curdi, rischia la commercializzazione: infatti, la maggior parte delle persone la conosce perché l’anno sentita nella serie Netflix “La casa di carta” ("Casa de Papel").
Lo scrittore belgradese di fama internazionale Dragan Velikić, che ha trascorso gran parte dalla sua infanzia e prima gioventù a Pola, ha lodato il film della Giapponesi, rilevando che purtroppo ogni generazione si scontra con delle forme di fascismo che quando non passa dalla porta rischia di entrare dalla finestra.

Dragan Velikić
“È impossibile ascoltare la canzone “Bella Ciao” per la prima volta”, ha detto Velikić, “perché quando la senti per la prima volta ti sembra di averla già sentita e di conoscerla da sempre. Ha il brio della marcetta ma una struttura emotiva che non ha nulla a che vedere con la banalità della marcia, ha una forza da scala maggiore, esprime una gioia e un senso di vittoria”.
Il testo della versione delle mondine
«Alla mattina appena alzata
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
alla mattina appena alzata
in risaia mi tocca andar.
E fra gli insetti e le zanzare
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
e fra gli insetti e le zanzare
un dur lavoro mi tocca far.
Il capo in piedi col suo bastone
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
il capo in piedi col suo bastone
e noi curve a lavorar.
O mamma mia o che tormento
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
o mamma mia o che tormento
io t'invoco ogni doman.
Ed ogni ora che qui passiamo
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
ed ogni ora che qui passiamo
noi perdiam la gioventù.
Ma verrà un giorno che tutte quante
o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
ma verrà un giorno che tutte quante
lavoreremo in libertà.»
Da parte sua il sociologo Krešimir Krolo ha detto che sarebbe importante conoscere quale significato la gente attribuisca a questa canzone, rilevando che da parte di alcuni "Bella Ciao" viene messe in relazione con un sistema politico che ha fallito e conseguentemente viene collocata in un contesto negativo. Rispondendo a una domanda della Orlić, ha segnalato anche i rischi del negazionismo e del revisionismo storico.

Krešimir Krolo
L’attore Igor Galo ha portato invece la testimonianza diretta del suo incontro con la canzone "Bella Ciao" avvenuto nel 1969 nel corso delle riprese del film “Most” (“Il ponte”) di Hajrudin Krvavec, in cui Galo interpreta il ruolo di Bambino e il noto attore Boris Dvornik canta ”Bella ciao”. Galo ha messo in evidenza anche il successo ottenuto dal film e dalla canzone in Cina, fatto di cui è stato testimone in prima persona proprio in Cina, in occasione delle celebrazioni del 60-anniversario della vittoria sul fascismo. “Sentire i Cinesi che cantano Bella Ciao in Cinese è una cosa che dà i brividi”, ha concluso Galo.

Igor Galo
Al termine abbiamo sentito anche Diego Bosusco, note anche come Ptica, ex batterista del gruppo punk/rock polese Idijoti e attualmente dirigente dell’associazione “Y” che ha organizzato l’evento. “L’idea è venuta a me e a Fric (Nenad Marjanović, ex bassista degli Idijoti n.d.r.), abbiamo candidato il progetto per ottenere un sostegno dall’assessorato alla Cultura della Città di Pola, ma ci è stato negato, trovandolo però nella Regione istriana. Con il coinvolgimento della Comunità degli Italiani il progetto si è sviluppato e allargato, così è nata questa manifestazione di due giorni dedicata a questa canzone che si canta in tutto il mondo. Per me è stata anche un’emozione privata, la mostra comprende anche alcune fotografie di membri della mia famiglia che è strettamente legata alle tradizioni antifasciste”.
Va rilevato che gli Idijoti hanno inserito la loro versione di “Bella ciao” nel loro terzo album “Tako je govorio Zaratusta" nel 1993, ma stava nel loro repertorio molto prima. Infatti, nel 1987 l’avevano cantata a Reggio Calabria dove si erano esibiti in rappresentanza della Jugoslavia al Festival del Mediterraneo. “È scoppiato uno scandalo”, ci ha raccontato Diego Bosusco, “ho avvertito subito un certo malumore tra il pubblico mentre eseguivamo “Bella Ciao” ma poi, quando abbiamo iniziato a cantare “Bandiera Rossa” è scoppiato un putiferio, con il pubblico che si divideva tra destra e sinistra e i carabinieri che sono saliti sul palcoscenico interrompendo il concerto”.
Rileviamo, al termine, che la canzone “Bella ciao” è stata cantata in tantissime occasioni particolari tra le quali i funerali dell’attore (premio Nobel) Dario Fo, a Parigi dall'attore comico francese Christophe Alévêque durante le commemorazioni funebri delle vittime della strage avvenuta nella sede del settimanale satirico francese Charlie Hebdo e a Barcellona dai manifestanti per l’indipendenza della Catalogna per protestare contro le condanne inflitte a dodici leader catalani. Una versione in ucraino viene cantata come forma di opposizione all’invasione russa, mentre un’altra, in lingua persiana, è stata eseguita durante le proteste antigovernative in seguito alla morte di Mahsa Amini, la giovane donna è diventata un simbolo della condizione femminile e della violenza esercitata contro le donne sotto la Repubblica islamica dell'Iran.