Ventiquattro

il custode della tradizione della pesca istriana

VIDEO Il modellista, costruttore navale e marinaio rovignese Alvise Benussi salva dall’estinzione la tradizione della pesca rovignese grazie al club di modellismo

Si occupa di modellismo sin dalla scuola elementare e ha realizzato modelli per innumerevoli hotel, villaggi turistici e appianamenti urbani di città istriane. Il suo amore, pero', sono le navi che realizza sotto forma di modelli con gli sostenitori del club di modellismo di Rovigno. Ha condiviso con noi alcuni segreti dell'artigianato e traccie della storia della pesca rovignese


 
5 min
Donatella Leonardelli Ivan Dobran
Alvise Benussi

Si occupa di modellismo sin dalla scuola elementare e ha realizzato modelli per innumerevoli hotel, villaggi turistici e appianamenti urbani di città istriane. Il suo amore, pero', sono le navi che realizza sotto forma di modelli con gli sostenitori del club di modellismo di Rovigno. Ha condiviso con noi alcuni segreti dell'artigianato e traccie della storia della pesca rovignese

La tradizione della pesca a Rovigno, come in altre città della costa istriana, sta lentamente ma inesorabilmente scomparendo. Tuttavia, il buon samaritano, modellista, costruttore navale e marinaio Alvise Benussi è attivamente coinvolto nella sua conservazione.

Negli anni '70 e '80 Alvise realizzò modelli per numerosi progetti urbani in quasi tutte le città istriane. Dai Grandi Magazzini di Pola e l’appianamento urbanistico del centro cittadino al mai realizzato centro velico di Stoia che prevedeva piscine e numerosi impianti sportivi.

Ha realizzato anche modelli di innumerevoli hotel e villaggi turistici in Istria e la centrale termica di Fianona. Negli anni ‘90, pero', quando la tecnologia della grafica 3D iniziò ad avanzare, semplicemente, non c'era più alcun interesse per i modelli. E’ passato, poi, al suo vecchio amore d'infanzia e ha iniziato a realizzare modelli di barche tradizionali.

- Alle elementari amavo l’educazione tecnica, realizzavamo modellini di aeroplani e alianti e a casa realizzavo anche barche e per me è rimasto sempre un grande amore. Ogni volta che avevo un po' di tempo lo usavo per quello. Anche successivamente, negli anni ’60 quando suonavamo in giro per l'Italia con la band Cannibali, ho sempre avuto un angolo tutto mio dove realizzavo modelli, racconta Alvise Benussi.

Il modellista e socio del club Elin Tatković

Oltre alla modellistica la vela è un altro dei grandi amori di Alvise. Ha iniziato a praticarla con dei pescatori nel 1957 all'età di otto anni su una vecchia barca rovignese. Dopodiché, ha colto ogni occasione per montare in barca e salpare. Quando si estinse l'ultimo batel rovignese passò alla batana di un amico e in seguito costruì lui stesso due barche a vela.

In passato a Rovigno c’erano addirittura sette cantieri navali

- La vela è qualcosa di speciale, quando sei solo in mare non senti nessuno, un uomo si lascia alle spalle tutti i problemi. All'inizio amavo navigare da solo ma poi mi sono innamorato della regata che ti offre la possibilita’ di vedere i tuoi progressi. Anche se adoro la vela di per se’ la competizione ti dà sempre qualcosa in più, motivo per cui sono un appassionato di barca a vela da oltre 50 anni, dice Benussi.

Il modellista e socio del club Sergio Sponza

Alvise si ricorda che a Rovigno una volta c’erano ben sette cantieri navali, due barche a vela e un'officina specializzata solo in alberi e si rammarica che oggi non sia più così e che i giovani non siano interessati a questo mestiere.

- A Rovigno negli anni '20 e '30 c'erano circa 150 batane. Erano molto importanti perché praticamente sfamavano le famiglie rovignesi. Sono economiche da costruire, di facile manutenzione e, viste le nostre basse coste, sono barche ideali perché hanno il fondo piatto. D'altra parte sono facili da manovrare, spiega Alvise.

La sera le donne si affacciavano al mare per vedere i loro mariti rientrare

La particolarità delle batane rovignesi è che avevano le vele. La sera per andare in mare, per mancanza di vento, era necessario remare. Ma sulla via del ritorno i pescatori già stremati alzavano le vele e lasciavano che il levante e il borino li riportassero alle loro case.

Le vele rovignesi

- Poiché le batane erano tante, le famiglie rovignesi iniziarono a dipingere le vele in modo che potessero riconoscerle al ritorno dal mare. Non c'erano telefoni cellulari o radar, la sera le donne guardavano il mare per avvistare i loro mariti che stavano rientrando . Oppure, quando si cercava qualcuno era più facile individuare la barca dal colore delle vele. Siamo riusciti a salvare 109 vele delle famiglie rovignesi, dice Alvise.

Le batane

Per trasmettere ai piu' giovani il suo sapere e la sua esperienza Alvise ha fondato un club di modellismo. Nel 2017 la Comunità Italiana di Rovigno ha dato loro uno spazio in Circolo ed è così che è iniziata tutta la storia. E dall'apertura dell'Ecomuseo "Casa della Batana" questa tradizione viene protetta dall'estinzione. La batana, dice, è il cuore della pesca rovignese, motivo per cui viene prestata così tanta attenzione.

- La batana sembra molto semplice, ma non lo è, dice Alvise. È composta da oltre 120 unita’ e la particolarità sta nel fatto che la sua costruzione inizia dalla ruota di prua e specchio di poppa - il cosiddetto specio (specchio). Solo allora vanno posizionati gli assi laterali che si allargano ed infine le corbe, come per le gondole veneziane. Ecco come la costruzione della batana differisce da tutte le altre navi, spiega Alvise.

L'eredità indelebile di Venezia

Il collegamento tra Rovigno e Venezia è indissolubile. I capitani rovignesi lavoravano spesso come piloti veneziani e Rovigno era anche un porto sanitario di Venezia, dice Alvise. Quando le navi arrivavano dal Medio Oriente rimanevano in quarantena a Rovigno per 40 giorni prima di rientrare a Venezia. Ecco perché Rovigno è stata più volte devastata dal colera e da altre malattie esotiche.

Pertanto, probabilmente anche la batana ha origini veneziane come molte altre navi rovignesi. Ma i rovignesi hanno adattato tutte queste navi alle loro esigenze. A parte la batana, vi si usavano molti bragozzi perché adatti alla coccia. Il bragozzo è in realtà l'unica nave che i rovignesi non hanno rielaborato ma l’hanno utilizzata nella sua forma originale veneziana.

Il bragozzo

Il barchino rovignese è abbastanza simile alla gaeta dalmata. A Venezia non si trova la gaeta, quindi non sono sicuro che sia di origine dalmata ma si è diffusa in tutta la costa croata. Dato che era un po' più grande di una batana era più adatta per alcuni mestieri e la protezione era migliore.

Il barchino rovignese

- Più tardi apparve il cosiddetto topo che qui è chiamato batel rovignese. Era una nave da 9 a 15 metri e necessitava di un equipaggio da quattro a cinque membri ed era usata per le saccaleve (reti da sollevamento). Alla fine e’ arrivata la brazzera, nave da 16 a 20 metri, che serviva per il trasporto di mattoni, pietre, legno e altri carichi pesanti lungo la costa adriatica croata e italiana, da Trieste all'Albania, ma anche fino a Pesaro, Ancona, Chioggia, spiega Alvise Benussi.

Gli studenti rovignesi infondono speranza

L’intera tradizione richiede un'attenzione e una conservazione specifiche ma a dare una speranza sono gli studenti della scuola tecnica dove Alvise ha recentemente tenuto diverse conferenze.

- Sono rimasto stupito delle quantita’ di domande che mi hanno fatto. Dopo le lezioni e le conversazioni fatte, ci siamo accordati che in autunno entreranno a far parte del club di modellismo. E il mio desiderio è che crescano da modellisti a costruttori navali perché Rovigno ne ha davvero bisogno, conclude Alvise.


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