La diffusione al vasto pubblico di ciò che conosciamo di tutto il patrimonio artistico istriano – non soltanto dei monumenti più noti – è un fatto recente, concentrato tutto a partire dal XXI secolo. Per quel che riguarda la pittura, nel 2005 il Centro di Ricerche storiche di Rovigno ha pubblicato l’importante volume “Istria pittorica. Dipinti dal XV al XVIII secolo. Diocesi Parenzo-Pola” che nel 2006, in collaborazione con l’Istituto per la storia dell’arte di Zagabria (Institut za povijest umjetnosti) ha avuto la sua edizione croata dal titolo “Slikarska baština Istre”.
Più tardi, a partire dal 2017, realizzando un progetto avviato nel 2013 dall’Assessorato alla cultura della Regione istriana congiuntamente all’Agenzia culturale istriana (Istarska kulturna agencija - IKA) sono iniziati a uscire i volumi dell’opera “Il patrimonio artistico della chiesa istriana”, il cui terzo libro, dedicato al periodo tra il IV e XV secolo (vi hanno lavorato Nikolina Maraković, Željka Bistrović, Sunčica Mustač e Nina Kudiš) è stato presentato il 3 ottobre scorso. Il redattore del progetto è Ivan Matejčić, l'editore il Museo storico e navale dell'Istria di Pola, l'intento è quello di arrivare al XIX secolo.
Nel frattempo, nel 2017 è stato avviato pure il catalogo online del patrimonio artistico istriano, consultabile sulle pagine internet del Museo storico e navale dell'Istria di Pola, mentre un altro catalogo online dei beni culturali dell Croazia è stato predisposto dal Ministero croato per la cultura e i media.
Per quel riguarda la parte slovena dell'Istria, nel 1983 era uscita la ricerca topografica „La pittura dal XV al XIX secolo sulla costa slovena: materiale topografico"” (“Slikarstvo od 15. do 19.stoletja na Slovenski obali: topografsko gradivo”) di Tomaž Brejc.
Ciò che accomuna tutti questi progetti è il fatto che sono andati a coprire e a completare uno spazio culturale che precedentemente non era rimasto vuoto anche e specialmente grazie a due fonti che erano note agli studiosi e agli operatori museali, ma del tutto sconosciute al grande pubblico: l'archivio fotografico dei beni culturali dell'Istria dello storico d'arte goriziano Antonio Morassi, realizzato tra il 1920 e il 1925, e il catalogo „Inventario degli oggetti d'arte della Provincia di Pola“, predisposto da Antonino Santangelo e curato da Vittorio Moschini e Antonio Morassi nel 1935.
Precedente, nel periodo austriaco, erano state prodotte le pubblicazioni “Denkmale der Kunst in den Südlichen Kriegsgebieten – Isonzo-Ebene – Istrien – Dalmatien – Südtirol” (Monumenti d'Arte nelle Zone di Guerra del Sud – Piana dell'Isonzo – Istria – Dalmazia – Alto Adige) di Leo Planiscig nel 1915 e “Bau-und Kunstdenkmale del Küstenlandes: Aquileia, Görz, Grado, Triest, Capo d’Istria, Muggia, Pirano, Parenzo, Rovigno, Pola, Veglia, etc.”(“ Monumenti architettonici ed artistici della zona costiera: Aquileia, Gorizia, Grado, Trieste, Capo d'Istria, Muggia, Pirano, Parenzo, Rovigno, Pola, Veglia, ecc.”) di Hans Folnesics e Leo Planiscig del 1916.
Ovviamente, l’archivio fotografico di Morassi e l’Inventario, per natura delle cose, fermano la conoscenza a un secolo fa. Tanto per fare un solo esempio, non potevano comprendere il grande lavoro sugli affreschi istriani portato a termine più tardi da Branko Fučić. Tuttavia, l'archivio Morassi e l'Inventario sono stati fonte di consultazione obbligatoria nella realizzazione di tutti i progetti di catalogazione citati precedentemente e realizzati nel corso di questo secolo. Tra l’altro, comprendono anche le fotografie del patrimonio storico considerato “minore”, quali ostensori, calici, reliquiari, cassapanche, arredo domestico e urbano.
La presentazione di Capodistria
Sia l’Inventario degli oggetti d’arte della Provincia di Pola, curato da Enrico Lucchese e pubblicato nel 2017, sia Le immagini dell’Archivio fotografico dell’Istria e di Zara della Fototeca Antonio Morassi, curato da Michela Agazzi ed Enrico Lucchese, pubblicato nel 2022, oggi sono diventati due libri consultabili dal grande pubblico. Sono editi dalla Zel Edizioni con il contributo dell’IRCI di Trieste, l’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata.
In occasione delle Giornate europee del patrimonio, entrambi i libri sono stati presentati l’8 ottobre a Palazzo Gravisi, sede della Comunità degli Italiani "Santorio Santorio" di Capodistria. Introdotti dal presidente della CI Mario Steffé, a illustrare le due pubblicazioni sono stati lo storico d'arte e docente universitario triestino Enrico Lucchese e Luca Caburlotto, soprintendente archivistico del Friuli Venezia Giulia.
La maggior parte della presentazione è stata dedicata al libro “Istria e Zara. Le immagini dell’Archivio Fototeca Antonio Morassi all’Università Ca’ Foscari di Venezia”.
Il goriziano Antonio Morassi (1893-1976) è stato un’importante storico d’arte, laureatosi a Vienna con Max Dvořák che con Josef Strzygowki e Julius Von Schlosser è stato uno dei maggiori rappresentanti della “Nuova scuola di Vienna” nella storia dell’arte. Questo fatto è stato messo in risalto da Lucchesi perché Morassi ha fatto propri i dettami della nuova Kunstgeschichte (storia dell’arte) che li lasciava alle spalle il romanticismo di Winkleman e Ruskin e introduceva nuovi valori: l’oggetto artistico non andava più considerato soltanto come “monumento” bensì come “documento” di ciò che la “Nuova scuola di Vienna” considerava molto importante, ovvero dello spirito del tempo.
Dalla scelta degli oggetti che ha voluto venissero fotografati, risulta chiaro che Morassi aveva fatto proprie anche altre tesi della “Nuova scuola di Vienna”, quali la parità tra arti minori e maggiori e il superamento dei concetti di "progresso" e di "decadenza", per cui tutte le epoche hanno pari dignità. Come Dvořák, anche Morassi si schierava contro quelli che definiva “falsi restauri” nella convinzione che sia meglio conservare che restaurare.
Ma veniamo al libro. Tra il 1920 e il 1925 Antonio Morassi ha lavorato presso l'Ufficio Belle Arti della Venezia Giulia, organo del Ministero della Pubblica Istruzione allora responsabile delle attività di tutela e conservazione, per il quale ha iniziato il lavoro di documentazione fotografica del patrimonio artistico istriano. Tuttavia, parallelamente ha realizzato anche un proprio archivio privato, noto come Archivio Fototeca Antonio Marassi acquisito tra il 1980 e il 1982 dal Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Si tratta di fotografie di ottima qualità, prevalentemente stampe in bianco e nero, ma anche fotocolor e diapositive, con indicazioni manoscritte sul retro. Nel libro di 400 pagine edito nel 2022 e presentato a Capodistria, ne sono state pubblicate 565 e precisamente: 15 su Albona, 216 su Capodistria e dintorni, una su Castelnuovo, una su Cherso, 62 su Dignano, 29 su Draguccio, una su Fianona, una su Gallesano, 11 su Gallignana, 20 su Gimino, 10 su Isola, una su Lonche, 10 su Lussingrande, 18 su Montona, 3 su Muggia, 22 su Ossero, 16 su Parenzo, 7 su Pedena, 6 su Pirano, 17 su Pisino, 21 su Pola, 4 su Rozzo, 10 su Sanvincenti, 7 su Valle, 43 su Vermo e 13 su Zara. Sorprendentemente, mancano. Rovigno e Orsera, ma comunque l’Istria copre più della metà dei tre faldoni “Venezia Giulia” contenenti in tutto 900 fotografie.
Affreschi di Draguccio
Le fotografie sull’Istria dell’Archivio Morassi, accanto alla qualità tecnica ed estetica, sorprendono anche per il contenuto. Ne citiamo alcune. Compaiono edifici pubblici e vari elementi urbanistici e architettonici (il portale di Casa Scampicchio ad Albona, la cinta di mura, piazza da Ponte e piazza della Loggia ea Capodistria, il Castello di Dignano, la vera da pozzo nel piazzale della Chiesa e il portale d’ingresso in città a Montona, la Torre rotonda di Parenzo, il Castello di Pisino).
Interno del castello di Pisino
Ci sono poi edifici privati (la casa del conte e noto illuminista italiani Gian Rinaldo Carli a Capodistria, palazzo Salamon a Grisignana, una casa rustica a Gimino, una casa antica da Dignano, il cortile con vera da pozzo a Zara in cui compare lo stesso Morassi), dettagli urbani decorativi (iscrizione della bocca del Leone, il Leone veneto sulla facciata di una casa, gli stucchi di Casa Tarsia e il portale del Collegio dei Nobili a Capodistria).
La Torre Rotonda a Parenzo
Molte sono le chiese (il Duomo di Capodistria, Santa Maria del Canneto a Pola, il Duomo di Isola, la cripta del duomo di Valle) arredi sacri (messale della chiesa S. Anna a Capodistria, le Tavole del Beato Leone Bembo a Dignano, l’altare in legno della chiesa di Gimino, varie pale d’altare tra le quali quella del Duomo di Isola, quella della chiesa parrocchiale di Sanvincenti e quella della chiesa della Consolazione di Pirano realizzata da Tiepolo, pali processionali de Duomo di Lussingrande, mosaici della basilica eufrasiana di Parenzo, il tabernacolo delle chiese parrocchiali di Ossero e di Pisino, il calice della chiesa parrocchiale di Pedena, una statua in pietra della chiesa di Santa Maria Formosa di Pola), affreschi (nelle chiese di Draguccio e Vermo) ma anche arredi domestici quali un servizio di posate di Casa Milevoi ad Albona e una stufa in maiolica in un casa di Capodistria.
Il Duomo di Capodistria
È di grande valore documentario la foto dell’interno duomo di Pola dopo incendio 1924.
In una foto ritratta in un cortile di Zara compare, quello a destra, lo stesso Antonio Morassi.
Da rilevare che alcune delle opere della Fototeca di Morassi, specie quelle dell’attuale Istria slovena, per proteggerle dai rischi bellici sono state spostate a Villa Manin di Passariano nel Friuli. Da lì non sono mai rientrate in Istria e tra Italia, che le considera patrimonio artistico italiano e la Slovenia, che le ritiene patrimonio locale, il contenzioso non si è ancora chiuso. Tra queste opere c’è pure il dipinto “Madonna con i Santi” del noto artista veneziano, molto attivo e morto a Capodistria Vittore Carpaccio, che originariamente si trovava nella chiesa di San Francesco a Pirano e che oggi è custodito presso il Museo Antoniano della Basilica del Santo a Padova.
La Madonna col bambino del Carpaccio
Gran parte delle fotografie sono state realizzate dal fotografo Pietro Opiglia (nato a Pola nel 1877, morto a Trieste nel 1948), ma alcune Morassi la ha avute da Anton Gnirs, il professore e archeologo che nel 1902 era nominato conservatore della Commissione centrale per l'arte e la protezione dei beni culturali dell'Istria, operando per molti anni a Pola. Da rilevare, infatti, che il lavoro di Morassi comincia quasi subito dopo il passaggio dell’Istria e di Trieste dall’Austria-Ungheria all’Italia, e in questo contesto i relatori di Capodistria hanno espresso parole di elogio per la correttezza e l’amore per il patrimonio dimostrati da Gnirs nel momento della consegna.
Alla presentazione di Capodistria, come già rilevato, si è parlato pure dell’“Inventario degli oggetti d’arte in italia – Provincia di Pola” che nel 1935 era andato ad affiancare uno simile, dedicato a Zara e pubblicato nel 1932. Predisposto da Antonino Santangelo e curato da Vittorio Moschini e Antonio Morassi, copre tutta l'Istria geografica. Vi compaiono 230 fotografie che accompagnano una schedatura di oltre un migliaio di oggetti d'arte, provenienti anche da località minori, non „coperte“ dalla fototeca di Morassi, quali Barbana, Sissano, Canfanaro, Moncalvo, Fianona...
Oltre ad essere una testimonianza del tempo, questo fotografie sono utili per conoscere l’aspetto originale di alcuni dettagli, come avvenuto in occasione del restauro degli stucchi di Casa Tarsia a Capodistria.
Da rilevare che le foto relative al patriomio artistico dell'Istria e di Zara pubblicate nelle due edizioni sono consultabili anche online, sul sito della Regione Veneto.